Tocofobia: la paura del dolore - Maternità in rubrica
MATERNITA’ IN RUBRICA
Tocofobia: la paura del dolore
Il termine tocofobia deriva dall'unione di due parole
greche: "tocòs" (parto) e "phóbos" (paura, timore), ovvero paura del parto.
Si tratta di un disturbo
fobico relativo alla paura patologica del parto, ma anche
all’esperienza precedente del rimanere incinta. Può essere conseguenza di implicazioni psicologiche e sociali correlate
ad una precedente gravidanza difficile o può dipendere dall'idea di non
riuscire a sopportare il dolore del travaglio e ciò che avverrà al momento del parto.
Per molte donne, infatti, la paura del
parto potrebbe essere influenzata dall'idea
di soffrire o riportare lesioni
al tratto genitale o essere scatenata dal pensiero di ferire il bambino, provocarne
addirittura la morte. Questi pensieri sono accompagnati
da una forte preoccupazione che prende le vesti di ansia o angoscia per la
venuta al mondo di un bambino, fino ad arrivare ad evitarla, nonostante il
desiderio di diventare madri.
Tale paura può
essere influenzata da esperienze
traumatiche del passato (manovre ostetriche invasive, distacco
placentare, taglio cesareo d'emergenza, aborti o gravidanze extra-uterine
ecc.), da esperienze d’abuso vissute in precedenza, o, più semplicemente, dall'ascolto
di testimonianze di nascite difficili.
Quando nasce la Tocofobia?
Il disturbo è
stato identificato solo nel 2000, dalla dott.ssa Kristina Hofberg e tutt’oggi
resta un problema spesso sotto-diagnosticato, che può non giungere all'attenzione
del medico nonostante sia condizione sorprendentemente comune: si stima che
colpisca 1 donna su 10.
Alcune delle donne
che soffrono di tocofobia sono terrorizzate dal processo di nascita, inteso come qualcosa
che non si può prevedere con certezza o
controllare, soprattutto quando si è alla prima gravidanza e
l'esperienza è del tutto nuova. Altre volte, le gestanti non hanno fiducia nei
servizi medici/ostetrici e temono di essere “maltrattate” o lasciate sole nel
momento del parto.
Attualmente,
questa forma di fobia è una delle indicazioni più frequenti al taglio
cesareo elettivo: il parto programmato, infatti, asseconda la
richiesta della donna di evitare il travaglio e la nascita del bambino per
via vaginale, permettendole di affrontare il momento con meno rischi.
Tocofobia primaria o secondaria?
La tocofobia può essere definita primaria se antecedente ad una gravidanza e manifestarsi presumibilmente come:
- Sintomo di una depressione in corso;
- Conseguenza di abusi sessuali subiti durante l’infanzia o nelle donne che hanno subito violenza fisica/psicologica; in tal caso, l'evento del parto può innescare dei flashback.
La tocofobia secondaria è invece caratteristica
delle nullipare, cioè delle donne che
non hanno mai partorito naturalmente per via vaginale. Il disturbo può
manifestarsi nel corso delle gravidanze
successive alla prima e nelle gestanti che hanno subito un cesareo
non pianificato.
Le pazienti
maggiormente a rischio di tocofobia sono coloro che hanno avuto esperienze di parto negative e traumatiche,
soprattutto in caso di:
- Manovre ostetriche invasive (es. secondamento manuale o raschiamento senza anestesia);
- Travaglio particolarmente prolungato e difficile;
- Taglio cesareo d’emergenza in condizioni drammatiche (es. distacco di placenta).
In altri casi
di tocofobia, il parto è stato regolare, ma viene percepito dalla donna come
una violenza al suo corpo, tanto da portare ad un disturbo da stress post-traumatico,
con conseguenze di depressione post-partum.
La tocofobia
secondaria può presentarsi anche in seguito al rifiuto
di poter scegliere la modalità di espletare il parto (es. con taglio
cesareo o, se naturale, con anestesia peridurale).
Come affrontare la Tocofobia?
La paura del
parto è un tipo di fobia specifica, che deve essere affrontata con il supporto
del medico di famiglia o del ginecologo e l'aiuto di psicologi/psicoterapeuti esperti nelle aree della
perinatalità.
La diagnosi
precoce è fondamentale per comprendere i motivi alla base del
proprio disagio ed inquadrare il problema all'interno della storia di vita
della paziente, identificandone il significato e quantificandone la portata,
così da offrire un intervento adeguato.
Il corretto
riconoscimento e la gestione della tocofobia con un percorso di psicoterapia
permette di dare alla paziente la possibilità di affrontare e superare il
problema. La mancanza di un trattamento predispone, invece, al rischio di
continuare la strategia di evitamento.
Il supporto
psicologico iniziale è di fondamentale importanza in quanto la
tocofobia può avere gravi conseguenze sul parto, prolungando, ad esempio, il
travaglio.
Per questo
motivo, i medici, le ostetriche e gli altri specialisti che assistono la futura
mamma durante la gestazione devono essere consapevoli della presentazione, dei
sintomi e delle situazioni predisponenti il problema. Ciò consente al personale
che assiste la donna di coinvolgerla nella programmazione
di un adeguato piano terapeutico, con
l'obiettivo di affrontare e superare il momento del parto con meno rischi e
garantire un buono stato di salute per madre e bambino.
Il
riconoscimento del disturbo nel primo
trimestre di gravidanza è sufficiente, nella maggior parte dei casi,
per intervenire con un periodo di psicoterapia al fine di indurre la paziente a
reagire ai pensieri ansiogeni e ad affrontare le convinzioni negative associate
all'idea del parto e alla nascita del proprio bambino.
Il successivo supporto
di un corso di preparazione al parto può essere utile per incentivare una
corretta respirazione e tecniche di rilassamento finalizzate alla gestione
dell’ansia relativa all’evento fobico.
Il dolore e i suoi significati
Il dolore è sicuramente l’aspetto più temuto e meno accettato del parto. Per secoli è stato visto come una punizione divina, una sofferenza inutile e, nella nostra moderna società, in cui si cerca di rendere efficiente e indolore ogni cosa, si cerca di togliere al parto il suo naturale progredire.
La
grande medicalizzazione del passato ha portato le donne a vivere il parto in
maniera asettica, immobile e di conseguenza è nata l’esigenza di introdurre la parto-analgesia,
che ha portato le donne a estraniarsi dal loro parto e viverlo come un momento
medico e non naturale.
Il dolore del parto ha caratteristiche
uniche in natura: è un dolore che non è sintomo di
una patologia, ma segnale del normale,
naturale progredire della fisiologia.
Sappiamo che esso è in genere un valido strumento protettivo del nostro
organismo, utile per avvertirci della presenza di danni, anche piccoli, che
potrebbero altrimenti passare inosservati e peggiorare. Il fatto che la natura,
in millenni di selezione, abbia deciso di lasciare il dolore all’interno del
parto sembra volercene far ricordare un possibile valore!
Altra
caratteristica del dolore del parto è il presentarsi in modo intermittente, con delle pause tra una
contrazione e l’altra in cui scompare completamente. È proprio questa
intermittenza, quest’alternarsi di picchi e di pause, a garantire l’avvio di
una vera e propria forma di analgesia endogena, ottenuta attraverso la produzione di endorfine.
La natura non predispone mai qualcosa senza
che abbia un fine, un ruolo: il dolore induce a cercare un ambiente sicuro e
protetto e a richiedere assistenza, pone in allerta la donna a protezione di sè
e del suo cucciolo, attiva una risposta endocrina che risveglia la parte del
cervello primordiale, più arcaica e istintuale, a discapito di quella
razionale che viene messa a riposo.
Il dolore, inoltre, aumenta i livelli di endorfine,
ossitocina, prolattina e catecolamine (noradreanalina), che determinano una
maggiore sopportazione dello stesso e favoriscono il primo adattamento neonatale
alla vita extrauterina.
Affrontare al meglio il dolore da parto porta a:
- Convogliare l’attenzione dentro di sé
- Mettersi alla prova
- Affrontare le paure e i limiti
- Risvegliare istinti e competenze sepolte
- Scoprire di avere un’energia finora sconosciuta volta ad una
crescita interiore
Se il
dolore è affrontato correttamente, contenuto e superato, ciò crea vigore,
potere, crescita personale.
Nel momento del parto, è fondamentale sentire le indicazioni del
corpo per proteggere il proprio organismo e di conseguenza anche quello del bambino.
Oggi sappiamo, infatti, che la funzione del dolore nel travaglio
è quella di guidare la donna alla
ricerca del percorso di parto più funzionale: la posizione che risulta
meno dolorosa per la donna è anche quella più utile al progredire corretto del
travaglio, quella che aiuta l’impegno della testa del bambino e che favorisce
la creazione di spazi idonei.
Quali fattori riducono il dolore?
~ Ambiente intimo e adeguato (ridurre gli stimoli sensoriali, porta chiusa, luce naturale, giusta temperatura.
~ Comunicazione, relazione e sostegno da parte del partner o di una persona di fiducia
~ Rilassamento profondo nelle pause
~ Soglia alta del dolore
~ Fiducia e accettazione del dolore
~
Per
ridurre il dolore del parto esistono due tipi di metodiche: farmacologiche e ipoanalgesiche o naturali.
Tecniche di
analgesia farmacologica:
- Anestesia peridurale continua: questa tecnica anestesiologica determina un'analgesia parziale del corpo, permettendo alla gestante di mantenere uno stato di coscienza vigile e una respirazione spontanea. L'infusione è permessa da un sottile sondino, posizionato grazie alla puntura di un ago in sede lombare.
- Analgesia inalatoria intermittente: composta da miscele di ossigeno e protossido di azoto o anestetici volatili.
Tecniche di ipoanalgesia
o naturali:
- Idroterapia (bagno o doccia calda)
- Posizioni libere che aiutano la progressione del bambino
- Rilassamento, visualizzazioni
- Respirazione yoga
- Musicoterapia e Canto Carnatico: cantando il corpo produce endorfine e il canto aiuta a mantenere la respirazione ritmica e profonda e a esprimere la tensione interna
- Massaggio e Aromaterapia (Regione lombare e sacrale)
- Riflessologia Plantare
Il parto è un
momento fondamentale della vita di una donna, affrontare il travaglio porta
un’enorme consapevolezza di sé e rappresenta un momento di crescita personale.
Gli ormoni del travaglio aiutano nel consolidare al meglio la relazione
madre-figlio e aiutano l’arrivo della montata lattea e quindi l’avvio dell’allattamento. Ogni donna è
libera di scegliere la strada giusta per vivere al meglio il momento della
nascita, le ostetriche ed altri specialisti dell’area perinatale devono essere
pronti nell’accompagnarvi in questo viaggio verso la maternità.
Al prossimo articolo!
Bibliografia
e Sitografia
Schmid V.(2005), Venire al mondo e
dare alla luce. Feltrinelli, Milano.
I quaderni di
D&D numero 5, Il dolore del parto di Verena Schimd, edizioni SEAO
Commenti
Posta un commento